Calvi: Una vergogna, non esiste il dovere di pubblicare tutto

Calvi: Una vergogna, non esiste il dovere di pubblicare tutto

Guido Calvi. Per il membro del Csm, lo scambio continuo tra pm e giornalisti «nuoce alla formazione della prova». E la divulgazione delle intercettazioni in tempo reale è «una vergogna».

Sulle pagine del Corriere della Sera Luciano Violante ha denunciato il rapporto perverso fra informazione e giustizia, rappresentato dalla pubblicazione indiscriminata di intercettazioni e atti coperti dal segreto istruttorio. Quindi ha esortato tutti a trovare un equilibrio fra riservatezza delle indagini, garanzia della privacy, e diritto dell’opinione pubblica a conoscere. Un intervento, quello dell’ex presidente della Camera, che potrebbe animare a sinistra un dibattito sulle ragioni di un autentico garantismo, rompendo luoghi comuni e pigrizie intellettuali troppo a lungo coltivate. L’ex magistrato non è il primo né l’unico, nel suo schieramento, a porre con forza il valore delle garanzie giuridiche e costituzionali contro la spirale giustizialista in corso dal periodo di Mani Pulite. Il tema appassiona da tempo Guido Calvi, avvocato e per anni parlamentare del Pci dei Ds, oggi consigliere laico del Csm. Calvi individua l’«anomalia» italiana nell’attenzione ossessiva politica e dei media alla fase preliminare dell’attività giudiziaria: un fenomeno che porta la stampa a pubblicare contenuti completamente estranei all’inchiesta, privi di qualunque rilevanza penale e oggettiva, con grave danno per i cittadini e per le stesse indagini.

È in atto un processo di «barbarie giuridica» nella diffusione mediatica di intercettazioni e atti giudiziari?
È bene non usare espressioni esagerate. Il codice di procedura penale del 1989 aveva regolamentato in modo rigoroso le modalità delle intercettazioni. Uno strumento di indagine essenziale per scoprire reati gravi, è stato poi soggetto ad abusi e utilizzazioni distorte da parte di alcuni magistrati. E spesso ha finito per coinvolgere e screditare la privacy di persone completamente estranee alle indagini. Un ulteriore arbitrio è stato poi compiuto da parte dei giornali, che hanno divulgato in maniera abnorme il loro contenuto, violando la dignità e l’immagine di molti cittadini. Non credo affatto che esista un dovere per il giornalista di pubblicare ogni cosa. E, da sostenitore convinto della libertà di stampa, ritengo che chi intercetta e chi divulga debbano avere una solida cultura della giurisdizione.

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