Rinvio a giudizio per Paolo Berlusconi. Si è chiusa così la prima tappa dell’udienza preliminare sull’inchiesta nata dalla divulgazione delle intercettazioni telefoniche tra Giovanni Consorte e Piero Fassino pubblicate su «Il Giornale» il 31 dicembre del 2005. Il gup Stefania Donadeo ha deciso anche la data del processo, che comincerà il 4 ottobre di fronte alla quarta sezione penale del tribunale di Milano.
Il dibattimento, dunque, sarà direttamente incentrato su una delle tre frasi «simbolo» della stagione delle scalate bancarie di quell’anno: quell’«abbiamo una banca» dell’attuale sindaco di Torino Piero Fassino a Giovanni Consorte, che si accompagna al «bacio in fronte» di Gianpiero Fiorani ad Antonio Fazio, e al «stamo a ffà i furbetti del quartierino» di Stefano Ricucci.
La differenza è che l’intercettazione di Fassino non poteva essere pubblicata non solo perché non era ancora stata depositata, ma non era neppure agli atti, né trascritta. Ed è su quel nastro che, secondo la procura, si è generato un illecito commercio che ha portato prima allo scoop del quotidiano di via Negri, e poi alle accuse nei confronti del fratello minore del presidente del Consiglio: ricettazione, millantato credito e concorso in rivelazione di segreto d’ufficio. Berlusconi jr sarà l’unico dei quattro indagati-imputati ad andare a giudizio con il rito ordinario.
Diversa sarà la sorte processuale di Roberto Raffaelli, amministratore della Rcs research control system, società che faceva le intercettazioni per conto della procura, e degli imprenditori Eugenio Petessi e Fabrizio Favata, intermediari nel passaggio di mano dei nastri.
Su di loro il Gup deciderà il prossimo 8 giugno: Favata, per cui il pm ha chiesto una condanna a due anni e otto mesi, ha optato per il rito abbreviato. Raffaelli e Petessi, invece, hanno trovato un accordo con il pm Maurizio Romanelli per un patteggiamento rispettivamente a un anno e otto mesi e a un anno e quattro mesi. Carlo Federico Grosso, legale di Fassino, che si è costituito parte civile, ha chiesto una provvisionale non inferiore a 250mila euro e un risarcimento dei danni da determinare in separato giudizio. Paolo Berlusconi si è detto «rammaricato» per il rinvio a giudizio e ha sottolineato come sia «mia ferma intenzione agire con tutte le mie forze per dimostrare la mia estraneità a tutta quanta questa vicenda. Naturalmente assumerò ogni iniziativa nei confronti di coloro che mi hanno indicato come autore di reati di cui sono stato vittima inconsapevole».
Lo scoop di fine anno
Erano i giorni caldi dell’inchiesta sulla tentata scalata di Unipol a Bnl e il «Giornale», il 31 dicembre del 2005, uscì con uno scoop: una conversazione telefonica, intercettata dalla procura di Milano, nella quale l’allora segretario dei Ds Piero Fassino, parlando con Giovanni Consorte affermava: «Allora, abbiamo una banca?»
Per la pubblicazione di quella intercettazione, Paolo Berlusconi (foto), editore del «Giornale», è stato rinviato a giudizio dal gup di Milano Stefania Donadeo con l’accusa di ricettazione, millantato credito e concorso in rivelazione del segreto d’ufficio
Premier parte lesa. Per l’inchiesta era stato iscritto nel registro degli indagati anche Silvio Berlusconi: Fabrizio Favata e Roberto Raffaelli, titolare di Rcs, l’azienda che aveva fornito le attrezzature per le intercettazioni, avevano raccontato che la vigilia di Natale del 2005 erano stati ad Arcore con la pen-drive per fargli ascoltare il contenuto della telefonata tra Fassino e Consorte. Il pm Maurizio Romanelli ha però subito chiesto e ottenuto l’archiviazione in quanto «non vi è prova tranquillante della materiale ricezione della chiavetta». Berlusconi appare nel processo come parte lesa.