Quei pizzini mutuati dalla mafia siciliana

Quei pizzini mutuati dalla mafia siciliana

BRINDISI – Per non inciampare nelle intercettazioni, gli uomini della Scu non avrebbero avuto scelta: scrivere brevi messaggi come i “pizzini” copiati dai siciliani, se non addirittura lettere con una puntuale indicazione della contabilità degli affari del gruppo. In questo modo, Ercole Penna dice di essere rimasto in contatto con Francesco Campana che ancora conserva la sua libertà, assieme a Daniele Vicientino (sono latitanti). Il retroscena. L’ultimo pentito della mala brindisina ha confessato anche questo ai magistrati della Direzione Distrettuale Antimafia, nel momento in cui ha descritto i profili di alcuni brindisini considerati appartenenti al gruppo e affiliati, anche senza ricorrere alle cerimonie, vecchie e demodé per lo meno stando a quando ha confessato “Lino u Biondu”.

Nessuno parlava se non era assolutamente sicuro di poterlo fare. Non si faceva riferimento “alle cose” del sodalizio neppure fra le pareti amiche, dal momento che gli stessi uomini della Scu hanno scoperto che l’abitazione di residenza può non essere una fortezza: Penna, per esempio, ne ha preso atto di fronte alle intercettazioni che la Dda ha chiesto ed eseguito nella casa e nel garage del suo “collega”, Daniele Vicientino, ricercato dal 29 settembre, giorno in cui i carabinieri del Ros hanno dato esecuzione alle ordinanze di custodia cautelare in carcere nei confronti di persone accusate di aver fatto parte del sodalizio negli ultimi cinque anni. In quel provvedimento di arresto ci sono le trascrizioni delle intercettazioni ambientali che hanno rappresentato un “grave indizio” e che si apprestano a diventare “fonte di prova” con la richiesta di rinvio a giudizio, una volta superato il passaggio della chiusura delle indagini preliminari. Le lettere. Per tutelare la “riservatezza” degli affari che leciti non erano, non c’era niente di meglio di ricorrere alle vecchie lettere scritte a mano, ovviamente evitando di fare diretto riferimento alle attività. Esattamente quanto avviene negli ambienti della lontana mafia siciliana.

Missive ne avrebbe scritte Francesco Campana, il primo dei ricercati della Scu “di oggi”, per spiegare la destinazione di somme di denaro e degli investimenti fatti. E missive ne avrebbe scritte Ronzino De Nitto a proposito di un presunto prestito fatto ai fratelli Campana (Sandro, già in carcere, e lo stesso Francesco). Sotto questo aspetto, acquista rilevanza il contenuto nel verbale reso il 15 dicembre scorso da Ercole Penna a proposito del covo del latitante e dei suoi fedelissimi. Il pentito ha fatto una serie di nomi e ha indicato alcuni luoghi. Tutti “omissati” per non compromettere l’esito delle indagini. Le uniche generalità a restare scoperte, sono state quelle di Ronzino De Nitto: “Va a trovarlo frequentemente”. Proprio questa circostanza ha portato il collaboratore a spiegare in che modo si sarebbero mantenuti i legami. L’esempio. Campana avrebbe risposto “tramite De Nitto e anche con lettera che il denaro era stato consegnato a suo tempo a …(omissis, ndr) per essere utilizzato in affari comuni”, mentre …(ancora un omissis, ndr) se ne era appropriato e lo aveva investito per l’acquisto di un condominio”. Gli agenti della Mobile di Brindisi e i poliziotti del commissariato di Mesagne sono al lavoro con un unico obiettivo: stanare l’introvabile Campana. E’ il volto che manca per chiudere l’organigramma del sodalizio.

Fonte: Senza Colonne

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