I giornali sono pieni di intercettazioni telefoniche. Ma non dovevano scomparire?
C’è stata una battaglia da parte del governo e della maggioranza per far passare una nuova legge sulle intercettazioni che mettesse un freno a questo strumento di indagine e impedisse la diffusione delle telefonate intercettate tramite i media. Il provvedimento era il decreto Alfano, ribattezzato da alcuni «legge bavaglio», in quanto avrebbe messo un ostacolo serio all’attività giornalistica. La norma, però, dopo essere stata approvata dalla Camera, ha subito uno stop al Senato, dopo che nel Paese si erano levate molte proteste. Ieri il ministro Alfano ha detto che non considera la questione chiusa. Ma per intanto…
Quali norme, dunque, regolano oggi l’uso delle intercettazioni?
In attesa di una nuova legge la normativa è quella precedente, e cioè – sostanzialmente – l’articolo 266 del codice penale, secondo il quale lo strumento dell’intercettazione telefonica può essere disposto per una serie di reati, tra cui: delitti per i quali sia previsto l’ergastolo, delitti contro la pubblica amministrazione, spaccio della droga, contrabbando, pornografia minorile.
L’intercettazione non è una violazione della privacy?
La materia è molto delicata, in quanto tocca alcune libertà fondamentali sancite dalla Costituzione, come la libertà di comunicazione del pensiero (articolo 15) e l’inviolabilità del domicilio (articolo 14), per cui il magistrato che decida di utilizzare le intercettazioni deve attenersi ad una normativa assai stringente. Oltre ai presupposti oggettivi del reato per cui si procede – per esempio – è necessario che sussistano anche ulteriori presupposti della assoluta indispensabilità dell’intercettazione ai fini della prosecuzione delle indagini. Insomma: si possono fare in pochi casi e solo se strettamente necessarie.
Ci si può appellare all’Autorità garante per la privacy per non far pubblicare certe intercettazioni?
La privacy protegge i dati personali da un uso improprio o lesivo, ma qui si parla di indagini giudiziarie le quali devono entrare il più possibile dentro i fatti e quindi nella vita degli indagati. Ciò non toglie che informazioni riservate e non attinenti alle indagini possono essere protette e l’Autorità per la privacy l’ha fatto. Si ricorderà il caso Ricucci-Falchi, in cui Anna Falchi protestò, a ragion veduta, perché erano stati diffusi i testi di alcuni suoi sms che nulla avevano a che fare con l’inchiesta che riguardava l’allora coniuge.
Chi può decidere di mettere sotto controllo il telefono?
L’intercettazione è autorizzata dal giudice delle indagini preliminari con un «decreto motivato» che gli sia stato richiesto dal pubblico ministero.
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