Dal ginecologo che v oleva procurarsi una dose prima dell’intervento (“Sto per fare un cesareo, vieni presto”) alla madre che chiedeva la droga mentre aspettava il figlio al calcetto: i verbali dell’inchiesta che ha sgominato la rete di spacciatori che riforniva la Napoli bene
«Maria, sto per fare un cesareo. Allora?». Il ginecologo era impaziente. Più del commercialista, dell’imprenditrice, dello skipper. Scottavano, i cellulari dei Vastolo, i pusher di cocaina porta a porta per i “tossici” benestanti di Chiaia e Posillipo.
Mille telefonate in nove mesi. Affiorano così i legami pericolosi dei cocainomani perbene. Gente normale, e drogata. Medici, commercialisti, imprenditori del pellame o del caffé, farmacisti. Il primo colloquio intercettato è del 27 settembre del 2009. Seguiranno altre 996 telefonate. Chi chiama chiede solo roba da sniffare. Solo consegne in strada o a domicilio.
«Tossici ansiosi». Al telefono tradiscono lo stato di astinenza. Il ginecologo Vincenzo non ce la fa ad aspettare. «A me non mi devi prendere per fesso. che stai combinando? Quando vieni?». Una madre imprenditrice, Fiorella, addirittura chiede al pusher di portarle la dose dinanzi al campetto di calcio dove sta giocando il suo bambino. «Ma alle sei in punto, mi raccomando», si spazientisce. E poi c’è il commercialista Giorgio, c’è lo skipper Mario che gira il mondo, c’è il portiere rispettato di uno stabile prestigioso, ancora Mario. Tutti abituati a drogarsi nella vita di ogni giorno. «Tossici», li bollano i fornitori. Tossici di lusso.
«Ma questo chiama sempre?». Vincenzo, affermato ginecologo, ma già inciampato mesi fa in una storia di favori con l’ambiente malavitoso, è il più assiduo. Gli rispondono a turno i Vastolo — papà Luciano che guidava le operazioni persino quand’era agli arresti domiciliari, sua moglie Maria detta Lory, e i figli Gabriele e Vincenzo, di 27 e 30 anni.
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