“Ci sono indicatori secondo i quali l’uso di internet sta facilitando sempre più il commercio transnazionale di operatori del sesso, in collaborazione con fornitori di spazi web specializzati e amministratori”. Questo è quanto emerge dall’ ultimo rapporto di Europol sulle minacce del crimine organizzato nel quale, si evince anche una certa preoccupazione da parte degli investigatori in quanto “la percezione di anonimato e il vasto pubblico dei servizi online accrescono sia la riservatezza, sia la redditività di questi servizi”.
Secondo eCrime, Ict, law and criminology, il gruppo di ricerca sulla eCriminology del dipartimento di Scienze giuridiche dell’Università degli Studi di Trento, coordinato dal professore Andrea Di Nicola, i trafficanti di schiave si servirebbero del web in tutte le fasi, dal reclutamento, al commercio, allo sfruttamento, mettendo in mostra su Social Network e siti di annunci le donne, come se fossero delle vere e proprie merci, dei prodotti.
Non solo vendita “business to consumer”, ma anche “business to business”, da trafficante a trafficante, come se si fosse in un grande magazzino virtuale del sesso. Ed il dato più preoccupante è che più della metà di queste offerte pubblicizza giovani donne con meno di 24 anni e nel 4 per cento dei casi si tratta addirittura di minorenni.
Ragazzine adescate tramite Myspace, come è successo ad una 14enne costretta a prostituirsi in Arizona per sei mesi prima di poter essere liberata dai suoi protettori, altre messe in esposizione su Facebook, con la lista delle prestazioni offerte, come è successo in Indonesia. Una nuova frontiera del mercato della prostituzione, insomma, che si apre a livello globale.
Oltre ai Social Network i siti più utilizzati per la vendita sono quelli di agenzie matrimoniali, siti di annunci o di offerte di lavoro, sui quali spesso le schiave compaiono sotto le mentite spoglie di badanti, cameriere, ragazze alla pari, modelle, ballerine ed hostess o, in molti altri casi, massaggiatrici un po’ particolari, che propongono “massaggio rilassante”, “massaggio orientale” e “full body massage”.
Il web, e la tecnologia in generale, vengono utilizzati anche come strumento di controllo delle vittime adescate. “Esistono casi in cui la minaccia di fare circolare rapidamente in rete o di spedire via e-mail a parenti e/o amici foto e video compromettenti è utilizzata come mezzo per mettere sotto pressione le donne” affermano i ricercatori o, ancora, ci sono casi in cui i papponi si avvalgono di microspie ambientali per intercettare e tenere d’occhio le ragazze.
Forse non hanno tenuto in conto che chi di microspia ferisce, di microspia perisce. Questi strumenti, infatti, sempre più piccoli e dai costi contenuti, possono essere anche uno strumento di difesa per le vittime che, oltre ai cellulari spia, li possono utilizzare per incastrare i loro protettori, facendo controllare, a distanza ed in tempo reale, le loro conversazioni dalle forze dell’ordine.