Motori ruggenti, «Bing copia Google»

Motori ruggenti, «Bing copia Google»

L’accusa di Mountain View al search engine di Microsoft: utilizza i nostri risultati, abbiamo anche le prove

MILANO – Bing copia Google: lo sostiene e lo prova l’azienda di Mountain View. Ed è subito polemica, mentre Redmond per il momento si limita a negare o a fornire risposte vaghe, dando la sensazione di arrampicarsi sugli specchi.

LE ACCUSE – A scatenare la polemica è stato Amit Singhal, ingegnere dell’azienda di Mountain View e responsabile per gli algoritmi di ranking, che ha impiegato tutta la vita a migliorare il motore di ricerca e che, una volta realizzato che Bing spiava e scopiazzava Google, ha postato in rete il seguente tweet: «Nemmeno nei miei sogni più fantasiosi avrei potuto immaginarlo: Bing bara, rubando i risultati di Google». Aggiungendo poi: «Copiare non può portare ad alcuna innovazione». E nel frattempo anche un articolo di Danny Sullivan, pubblicato su Searchengineland.com, suona decisamente come una denuncia, inchiodando il motore di Redmond alla cruda realtà: se persino le risposte inventate a domande inventate si rivelano uguali si può parlare a ragion veduta di plagio.

LA PROVA DEL NOVE – Il sospetto che Bing sbirciasse l’operato del concorrente esisteva da tempo, ma per dimostrarlo Singhal ha inserito alcuni risultati falsi sul motore di ricerca, in risposta a domande volutamente incomprensibili, elaborando un sistema basato su query senza significato né logica. Dopo poco tempo è stata effettuata la medesima ricerca su Bing e i risultati sono stati identici. Alcuni screenshot mostrano chiaramente sul blog di Mountain View il plagio avvenuto, grazie alla cosiddetta sting operation (così gli anglosassoni chiamano una strategia che porta a cogliere il colpevole sul fatto) promossa da Google.

IL CODICE SPIA – Normale del resto che Singhal, tra i creatori dell’algoritmo di ranking, sia deluso e scandalizzato dal motore di ricerca di Redmond che, a quanto pare, avrebbe implementato un codice spia, ricalcando in tutto e per tutto i risultati della grande G ed evitando esclusivamente la spelling alteration (ovvero la tecnica usata da Google per migliorare le ricerche che consente anche di correggere automaticamente gli eventuali errori di battitura).

LA REAZIONE DI MICROSOFT – Il colosso di Redmond reagisce un po’come un marito beccato a tradire la moglie: nega, nega e nega ancora fino all’inverosimile. Con qualche tentativo abbastanza maldestro di giustificare l’accaduto. Il Corporate Vice President di Bing, Harry Shum, sul blog del search engine )cerca per esempio di offrire una spiegazione plausibile dichiarando: «Non c’era nessun codice spia. Bing ha lavorato duro negli anni per migliorare la qualità della ricerca e forse la spiegazione è da ricercare nel fatto che semplicemente Bing vuole imparare dai propri utenti». Mentre Stefan Weitz, direttore del motore di Microsoft, scrive una mail a Danny Sullivan in risposta alle accuse: «Come potrete immaginare sfruttiamo molti indicatori per arrivare al nostro elenco di risultati e Google viene considerato semplicemente uno tra i buoni indicatori. Ma come fanno anche i nostri concorrenti non analizziamo troppo nel dettaglio le modalità attraverso le quali questo avviene. Chiaramente l’obiettivo generale è quello di fare un lavoro migliore, per arrivare a stabilire le finalità della ricerca, in modo da arrivare alla risposta più precisa e più rilevante per ogni determinata query».

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