Intercettazioni a servizio del bunga bunga

Intercettazioni a servizio del bunga bunga

Il caso Rubi & company rilancia il dibattito sulle intercettazioni. La proposta di legge che ha tanto infervorato i palazzi del potere, la stampa, l’opinione pubblica e soprattutto i giornalisti e i magistrati, ritorna in auge attraverso un gruppetto di trenta deputati del Pdl che ripropongono di incrementare le pene ai pm che applicano tale procedimento in modo errato e soprattutto con le persone sbagliate. Si chiama “ingiusta intercettazione” e prevede risarcimenti fino a 100 mila euro per quelle persone le cui vite sono state invase dal grande orecchio senza che ci sia una reale motivazione. A pagare, secondo la proposta, dovrebbe essere lo Stato, mentre i magistrati verranno colpiti soltanto se autorizzeranno procedimenti per i quali non sono competenti o per funzione o per territorio.
“Una norma di civiltà, non un atto intimidatorio- commenta così Roberto Cassinelli, uno dei firmatari della proposta – che va a tutela di tutti i cittadini. Spero che possa galoppare velocemente,così potrà evitare che i pm versino negli atti quintali di intercettazioni senza neanche leggerle”.
E sì, perché questo strumento di indagine, la cui importanza ha portato cittadini e tutti gli ordini di stampa in piazza per difenderlo insieme al diritto di cronaca, si è ridotto al ruolo di “spione chiacchierone”. Proprio come i portieri di una volta, che sapevano tutto di tutti e non perdevano occasione di divulgare le notizie più piccanti.
I tempi delle grandi inchieste sulla criminalità organizzata, che hanno permesso di sgominare intere bande fino a risalire ai boss dei boss, sembrano ormai lontani rispetto alle stuzzicanti telefonate che mostrano come un Capo di Governo possa rimanere vittima ricattabile dei suoi stessi “vizietti”.
La proposta del gruppetto di deputati che si va ad aggiungere alle centinaia che giacciono alla Commissione Giustizia di Montecitorio, è stata presentata lo scorso 28 ottobre, proprio due giorni dopo dello scoppio dello scandalo Ruby. Allora Nicole Minetti era ancora soltanto una piacente consigliera regionale, e non un’indagata per favoreggiamento della prostituzione minorile.

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