In casa mia faccio quello che mi pare

In casa mia faccio quello che mi pare

«Sono affari privati». «Sono cose che riguardano solo la vita privata di un cittadino». «Si spia in camera da letto».

È un argomento molto utilizzato dallo stesso Berlusconi a sua difesa in questi giorni e dai suoi sostenitori. Fa presa tra la gente, sui media come sugli autobus.

Vorrei solo ricordare, da avvocato garantista ma onesta, che fu una grande conquista sociale quando lo Stato e i suoi poteri di controllo e prevenzione non si dovettero più fermare sull’uscio delle case.

Fino agli anni ’70, fino alla legge sul divorzio, al nuovo diritto di famiglia, fino alla nuova sensibilità dei magistrati di ogni grado, dal pretore fino alla Cassazione, se un marito spaccava il viso alla moglie in fondo erano affari di famiglia. I carabinieri ti dicevano: «Ma su signora, vada a casa; ne parlate un po’ in famiglia e, vedrà, si risolverà tutto».

Se un padre lasciava il ragazzino malmenato nello sgabuzzino al buio per sei ore, certo, il ragazzino era sfortunato però era un diritto educativo del padre; un diritto “di correzione” per usare un termine tecnico, diritto che il marito aveva anche sulla moglie fino al 1975 (leggi: il marito può alzare le mani impunemente).

Poi, a tutela dei diritti inviolabili della persona, lo Stato – nell’articolazione dei suoi poteri, giudiziario e legislativo – si occupò delle relazioni tra uomo e donna, tra minori e adulti, nelle quattro mura domestiche.

E allora iniziarono le condanne per stupro anche tra coniugi; arrivò l’interpretazione più ampia del reato di maltrattamenti in famiglia e conseguenti condanne; si apprestarono tutele economiche e morali alle donne che, costrette in situazioni di violenza domestica, volevano fuggire da quella condizione.

Nel caso di specie, Ruby-Berlusconi, c’è un’ipotesi di reato di prostituzione minorile. Sussiste quindi l’interesse primario sia della persona sia dello Stato tutto, del consesso dei cittadini, intendo, che un minorenne sempre, ovunque e comunque possa godere di un sereno sviluppo picofisico e non sia strumentalizzato e sfruttato da un adulto per la soddisfazione dei bisogni dell’adulto. Ciò vale per il sesso, ma anche, ad esempio, per il lavoro minorile.

Il diritto alla riservatezza, invocato dal Presidente del Consiglio, nel bilanciamento degli interessi, palesemente passa in secondo piano davanti ai diritti inviolabili del minore, ancora immaturo fino ai 18 anni e per questo manipolabile a piacimento. E lo Stato deve agire a tutela della giovane prostituta.

E’ molto grave se si impone nuovamente, come in un tempo che sembrava lontano, il modello per cui “in casa mia faccio quello che mi pare”. Il messaggio lanciato dal Premier e da chi lo spalleggia è quello di poter abusare, in ogni forma, sui deboli, donne e figli, nel proprio ambito privato e familiare. Come negli anni ’50 e ‘60, periodo che Berlusconi evoca nei suoi sproloqui con aria trasognata, come un’epoca d’oro, in realtà un epoca pre-modernizzazione di questo nostro Paese.

Fonte: Espresso Blog

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