Il futuro di WikiLeaks

Il futuro di WikiLeaks

Nei prossimi anni vedremo sempre più spesso exploit di informazioni più o meno veritiere sbandierate come segreti carpiti a questa o quell’organizzazione. Alla fine, le informazioni saranno protette non tanto dalle barriere dietro le quali verranno conservate, ma dalla difficoltà di determinare quale fra le diverse fonti sia attendibile e quali informazioni, da essa diramate, siano vere, false o astutamente manipolate.

Tutti gli organi di informazione hanno prestato grande attenzione al fenomeno WikiLeaks. Ne hanno evidenziato l’eccezionalità, quasi rappresentasse una “rivoluzione” nel campo della protezione delle informazioni. Qualcuno si è anche spinto a dire che, dopo WikiLeaks, nessuna informazione è più al sicuro e che avremo presto accesso a tutte le informazioni “riservate” generate, raccolte o conservate da chiunque. Questa visione molto giornalistica è, per fortuna, poco realistica, sebbene WikiLeaks rappresenti ugualmente un evento epocale per coloro che si occupano della protezione delle informazioni. Per capire questo apparente paradosso, dobbiamo analizzare meglio il significato effettivo di WikiLeaks. Sintetizzando in termini minimi, si può affermare che Julian Assange è entrato in possesso di alcune informazioni riservate (non certo quelle segrete o segretissime) e le ha pubblicate sul suo sito web. Il furto, o comunque l’acquisizione, delle informazioni dell’avversario è una strategia di politica estera comune a tutti i Paesi del mondo, ma anche a realtà industriali e commerciali. Non da oggi, potremmo dire da sempre. Conoscere in anticipo le mosse del “nemico” è sempre stato un obiettivo strategico, declinatosi nelle varie e molteplici forme dello spionaggio, dell’intelligence e, più di recente, della business intelligence.

Per proteggersi da queste azioni, i diversi Stati e le aziende si sono attrezzati con strategie di contro-spionaggio anche molto raffinate, che non si limitano alla sola protezione delle informazioni, ma favoriscono anche la diffusione di informazioni volutamente false o fuorvianti. Il fatto che qualcuno sia riuscito ad entrare in possesso di alcuni documenti riservati non costituisce quindi una novità. Ciò che di peculiare possiede WikiLeaks è invece legato a due aspetti, evidenziati solo in parte dai media. Il primo è rappresentato dall’enorme quantità di informazioni che Assange è riuscito a carpire. Ciò è frutto della diffusione pervasiva delle tecnologie informatiche, le quali, da un lato hanno favorito un aumento esponenziale dello scambio di informazioni (quante mail riceviamo ed inviamo ogni giorno? Confrontiamo questo numero con i nostri scambi epistolari di cinque o dieci anni fa) e dall’altro hanno permesso di maneggiare, conservare e riprodurre con estrema facilità quantità anche enormi di dati. Oggi, su una mini pen-drive della dimensione di un francobollo, possono essere memorizzate tante informazioni quante quelle contenute in 300 metri di scaffalature! (e la pen-drive è certamente più facile da trasportare o nascondere rispetto alle tonnellate di carta delle scaffalature). L’altro aspetto colto da pochi è che Assange ha agito nel mondo dell’intelligence “violando” la prima regola, la riservatezza.

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